Nel 1937 il Premio Nobel per la Letteratura venne assegnato a me, Roger Martin du Gard, “per la forza artistica e la verità con la quale ha dipinto il conflitto umano così come gli aspetti fondamentali della vita contemporanea nel suo ciclo di romanzi Les Thibault”.
Sono nato a Neuilly-sur-Seine (Francia) il 23 Marzo 1881. La mia era una famiglia benestante di avvocati e magistrati, condizione economica che mi permise di dedicarmi alla letteratura. Mi appassionai ai feuilletons e alle opere di Emile Zola e Jean Lorrain, ma mi resi conto della mia precoce vocazione leggendo “Guerra e pace” di Tolstoj. Ampliai le mie conoscenze grazie al mio maestro Louis Mellerio, al quale ero stato affidato e che mi fece conoscere i classici e la letteratura moderna ma soprattutto l’importanza della misura e della composizione controllata. Mi iscrissi alla Facoltà di Lettere ma non mi laureai, anzi mi indirizzai verso l’archeologia, esperienza di studi che mi spinse ad architettare storie letterarie i cui protagonisti fossero coinvolti in fatti storici del loro tempo. Nel 1906 mi sposai con Hèléne Foucault dalla quale ebbi mia figlia Christiane. Nel 1908 pubblicai, a mie spese, la mia prima opera “L’avvenire” ma fu la pubblicazione nel 1913 di “Giovanni Barois” ad attirare l’interesse di Andrè Gide e Jacques Copeau, dei quali divenni amico. In quel periodo mi dedicai anche a studi di psichiatria. Per il teatro scrissi “Il testamento di padre Lele: farsa paesana in tre atti” che ispirò il “Gianni Schicchi” a Giacomo Puccini. Partecipai alla I° Guerra Mondiale, alla fine della quale mi trasferii a Clermont dove cominciai la stesura del mio massimo capolavoro “La Saga dei Thibault”, storia di due fratelli, in cui la ricostruzione psicologica diventa l’espressione contraddittoria tra bisogno di rivolta e senso dell’ordine. Ne pubblicai i primi sei romanzi tra il 1922 e il 1929, con un ripensamento di tutto il piano dopo un incidente che mi fece rivedere il quadro storico di fondo. Il ciclo si concluse nel 1940 e nella sua complessità era in sintesi la rappresentazione della Francia inconsciamente avviata verso una nuova guerra mondiale fra inquietudini e aspirazioni contrastanti. Un’opera che appartiene essenzialmente alla grande tradizione del romanzo realista francese, mi impegnò per quasi vent’anni ma mi valse il Nobel. Alla cerimonia il mio discorso rifletteva l’intenzione espressa nel libro di scongiurare l’orrore della guerra, che aveva causato milioni di vittime. Testimone del mio tempo, spesso trascurai la creazione artistica per la documentazione storica. Lasciai parlare le cose stesse e permisi al lettore di condurre a fondo un’indagine senza indulgere verso le bellezze ingannevoli dello stile. Tra i miei lavori voglio ricordare alcune opere di teatro come “La gonfle” nel 1924, “Le taciturne” nel 1931, “Vieille France” nel 1932, scene di vita di provincia, scritti come le “Notes sur A. Gide” nel 1951 che testimoniano la mia passione per il teatro, per il quale scrissi due farse contadinesche e un dramma incentrato sull’omosessualità. Scrissi inoltre anche due brevi racconti, Confidence africaine nel 1931, storia di un incesto, e “Vieille France” nel 1933. Durante la II° Guerra Mondiale mi trasferii a Nizza dove iniziai a lavorare al racconto “Diario del colonnello de Maumort” che non completai e che venne pubblicato postumo. Lasciai questa vita terrena a Sérigny il 22 Agosto 1958 e venni sepolto nel cimitero di Cimiez, un sobborgo di Nizza.
Nessuna risposta.