Nel 1952 il Premio Nobel per la Letteratura venne assegnato a me, François Mauriac, “per il profondo spirito e l’intensità artistica con la quale è penetrato, nei suoi romanzi, nel dramma della vita umana”.
Ero nato a Bordeaux l’11 Ottobre 1885. Mia madre Claire rimase vedova a soli 29 anni, rimanendo sola con 5 figli che educò secondo la religione cattolica, nonostante mio padre fosse agnostico e repubblicano. Studiai al Grand-Lebrun, gestito da religiosi Marianisti e subito mostrai una grande passione per alcuni grandi scrittori francesi quali Pascal, Baudelaire, Balzac e Racine. Esordii grazie ad un articolo per “La vie fraternelle“, rivista del movimento cattolico “Sillon“, di impronta operaia e popolare. Finiti gli studi nel 1906, mi trasferii a Parigi per partecipare ad un concorso che vinsi e mi aprì le porte della carriera di insegnante. Nel 1909 decisi però di dedicarmi totalmente alla letteratura e pubblicai la raccolta di poesie “Le mains jointes” e poi il romanzo “Il fanciullo incatenato“, opere nelle quali già manifestavo un’ispirazione religiosa anche se con toni un pò sfumati. Nel 1913 mi sposai con Jeanne Lafon e allo scoppio della I° Guerra Mondiale ottenni l’esenzione al servizio militare per problemi di salute. In questo periodo iniziai anche a svolgere la professione di giornalista collaborando con “Gaulois” e “Le Figaro” e mi impegnai come promotore di un manifesto destinato ai cattolici perché si dissociassero dal Franchismo. Nei romanzi “Il bacio del lebbroso” del 1922, “Thérèse Desqueyroux” del 1927, considerato il mio capolavoro, e “Groviglio di vipere” del 1932 denunciai con fermezza sentimenti come l’avarizia, l’orgoglio, l’odio, la sensualità, l’avidità, il materialismo, la brama di dominare che travolgevano la borghesia di provincia, senza possibilità di un riscatto. Tematiche che trattai anche nelle mie opere teatrali “Asmodeo” del 1937, “Amarsi male” del 1945, “Passaggio del diavolo” del 1947, “Il fuoco sulla terra” del 1950. Misi il Cattolicesimo, il moralismo e il fariseismo alla base delle mie opere, criticai il grigio mondo borghese in nome di valori religiosi ma non esitai a contrapporre alla rinuncia cristiana l’istintivo impulso ad una vita piena. Al centro della mia critica c’erano la famiglia e i rapporti familiari, simboli del degrado e il deterioramento dei veri valori. Il mio pessimismo cronico fu lo strumento basilare per realizzare il carattere mostruoso dei miei personaggi, che ho sempre ritenuto fossero presenti in ogni persona. A questi personaggi alternai ritratti più distaccati in saggi critici su Jean Racine, Blaise Pascal, Gesù. Mi avvalsi anche dei miei studi sui problemi psicologici del credenti che pubblicai nel 1931 “Sofferenza e gioia del cristiano” e nel 1933 “Brevi saggi di psicologia religiosa“. Ma furono fondamentali anche i miei saggi drottinali “Giovedì Santo” del 1931 e “La pietra dello scandalo” del 1948. Durante la II° Guerra Mondiale mi opposi al governo di Vichy e mi avvicinai alle posizioni del generale Charles de Gaulle, al quale dedicai un’opera biografica “De Gaulle” , anche se nel 1945 presi le difese degli scrittori collaborazionisti, ciò mi fece guadagnare da parte del foglio satirico-politico “Canard enchainé” il soprannome di San Francesco d’Assisi. Nel 1952 arrivò il Nobel e nel 1955 stimolai Elie Wiesel a scrivere le sue esperienze di internato nei campi di concentramento di Auschwitz e Buchenwald infatti pubblicò nel 1958 una delle sue opere più importanti “La notte“. Mi schierai per l’indipendenza dell’Algeria, rigettai il surrealismo e il dadaismo, mi opposi all’esistenzialismo e mi tenni lontano dallo strutturalismo e dal nouveau roman. Nelle mie opere la libertà sessuale è il male estremo e la donna è un’estranea, di una razza diversa, perché il sesso ci separa più di due pianeti. Jean-Paul Sartre ebbe a scrivere di me «I romanzi li scrivono gli uomini per gli uomini. In un’ottica divina che trafigge le apparenze senza arrestarsi, non esiste romanzo, non esiste arte, perché l’arte vive di apparenze. Dio non è un artista; lui nemmeno».
Ho lasciato questa terra a Parigi il 1° Settembre 1970. Sono stato membro dell’Acadèmie dal 1933 al 1970, la quale nel 1994 ha istituito il “Prix François-Mauriac“, un premio assegnato ogni anno ad un giovane romanziere.
Sotto le fasce spesse dei nostri atti, rimane intatta la nostra anima di bambino, l’anima fugge al tempo.
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