PREMIO NOBEL LETTERATURA: anno 1927 Henri Bergson

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Nel 1927 fui io, Henri Bergson, l’assegnatario del Premio Nobel per la Letteratura, “in riconoscimento delle sue ricche e animate idee e della brillante capacità con la quale ha saputo esprimerle”, questa la motivazione. Il mio nome per esteso è HENRI-LOUIS BERGSON e sono nato a Parigi il 18 Ottobre 1859, sono stato un filosofo  e la mia opera influì fortemente la psicologia, la biologia, l’arte, la letteratura e la teologia. La mia famiglia era di origine ebraica polacca per parte di padre mentre mia madre era anch’essa ebrea ma di origini anglo-irlandesi. Vivemmo a Londra per alcuni anni dopo la mia nascita. Quando ebbi raggiunto i 9 anni, la mia famiglia si trasferì in Francia, dove frequentai prima il Liceo e poi intrapresi gli studi di Matematica e Filosofia alla Normale di Parigi. Fin da giovane seguii la tendenza di tenere ben distinte realtà e scienza, ravvedendo soprattutto nella spiritualità una chiave di lettura della vita e del mondo circostante. La mia vita trascorse tranquilla e senza grandi eventi, salvo le pubblicazioni dei miei 4 lavori principali: nel 1889 “Saggio sui dati immediati della coscienza”; nel 1896 “Materia e memoria”; nel 1907 “L’evoluzione creatrice”; nel 1932 “Le due sorgenti della morale e della religione”. Vengo soprattutto ricordato per le mie critiche al Positivismo che portai avanti riprendendo diversi elementi dello spiritualismo francese ottocentesco che sviluppai dando origine ad un pensiero mio. Nella mia analisi dell’io e della coscienza mi scagliai contro il Determinismo scientifico, difendendo la possibilità umana dell’esperienza della libertà. Ma per spiegare al meglio il mio pensiero dovrei tenere una lezione vera e propria e non mi sembra il caso. I miei studi mi conferirono fin da giovane studente, premi e riconoscimenti, nonché pubblicazioni sulle riviste specializzate più prestigiose.  Dopo qualche esitazione sull’indirizzo da dare alla mia carriera, se questa dovesse svilupparsi nel campo scientifico o negli studi umanistici, alla fine optai per quest’ultimi. Nel 1891 ottenni l’incarico di insegnante al Liceo di Angers e due anni dopo mi stabilii al Liceo Pascal di Clermont-Ferrand. Polemizzai con alcune elaborazioni filosofiche e sui risultati ottenuti da Einstein nella teoria della relatività: sostenevo che il tempo non è una retta formata da tanti punti contigui, ma un istante che cresce su se stesso sovrapponendosi agli altri. La mia prima grande opera è stata il “Saggio sui dati immediati della coscienza” nella quale polemizzai con le psicologie positivistiche che misuravano l’intensità di una sensazione sulla base dell’intensità dell’eccitazione periferica. La misurazione dell’intensità era il frutto dell’intrusione di categorie spaziali: quello che veniva misurato era, secondo me, funzione del numero di muscoli coinvolti nella reazione. Nel periodo in cui insegnai e vissi a Parigi, realizzai la mia seconda grande opera “Materia e memoria” pubblicata nel 1896. Un’opera difficile ma brillante, che investigava la funzione del cervello con un’analisi della percezione e della memoria, portando ad un’attenta considerazione dei problemi sulla relazione tra corpo e mente. Le mie opere sono frutto di anni di ricerche, soprattutto questa dove insisto sul valore pratico della scienza. Nel 1907 pubblicai il mio terzo grande lavoro, “L’evoluzione creatrice”, senza dubbio il più conosciuto e discusso, costituisce uno dei contributi più profondi ed originali alla riflessione filosofica sulla teoria dell’evoluzione.  Nei primi 10 anni ne pubblicai 21 edizioni e la mia popolarità crebbe enormemente non solo negli ambienti accademici ma anche nel grande pubblico. Il testo presenta l’evoluzione come una creazione continua: l’uomo deve trasformare se stesso evolvendosi oltre se stesso per scorgere la vetta morale e religiosa. Nel Giugno 1920 l’Università di Cambridge mi rese l’onore del titolo di Dottore in Lettere. Per poter dedicare tempo alla nuova grande opera che stavo preparando sull’etica, la religione e la sociologia, venni dispensato dai miei doveri di insegnante pur mantenendo la cattedra di Filosofia Moderna. Con mia moglie e mia figlia vivevamo in una modesta casa a Parigi dove mi venne notificato il conferimento del Premio Nobel. Nonostante i miei problemi di salute, soffrivo dal 1925 di reumatismi paralizzanti, nel 1932 e nel 1934 pubblicai due grandi lavori: “Le due fonti della religione e della morale” e “Il pensiero e il movimento” che estesero le mie teorie filosofiche ai campi della morale, della religione e dell’arte. Nonostante la malattia mantenni sempre ben saldi i valori fondamentali della mia vita, fino alla fine, rinunciando persino a tutte le cariche e agli onori ottenuti, piuttosto che accettare i privilegi che mi avrebbero esentato dalle leggi antisemitiche imposte dal Governo di Vichy. E sebbene desiderassi convertirmi al Cattolicesimo, vi rinunciai per solidarietà con i miei correligionari ebrei verso i quali era iniziata in Germania la persecuzione nazista. Su mia richiesta però fu un prete cattolico a recitare le preghiere al funerale, conseguente alla mia morte avvenuta a Parigi il 4 Gennaio 1941. La mia influenza fu tale da farmi meritare il titolo di uno dei filosofi contemporanei più grandi della Francia e il mia originale concezione del tempo ha ispirato diversi autori per le loro opere come Proust per “Alla ricerca del tempo perduto” e Joyce per “Ulisse.

Ci sono cose che soltanto l’intelligenza è capace di cercare ma che, da sola, non troverà mai.

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