Intervista allo scrittore italo-svizzero Yvan Rettore

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Yvan Rettore

Professor Rettore, è passato del tempo dall’intervista che rilasciò alla nostra trasmissione radiofonica “Il Salotto del Circolo”. Cosa le hanno portato sotto l’aspetto professionale questi sei anni?

Molte soddisfazioni in quanto ho potuto operare sul piano formativo e consulenziale con parecchie aziende dell’Emilia Romagna, alcune molto note e altre meno. Ho conosciuto molte realtà con peculiarità diverse e ogni esperienza è stata per me un grande volano di crescita e affermazione ulteriore. Poi nel 2019, mi sono trasferito nel Salento e ho dovuto rivedere completamente le mie attività. Oggi, posso dire di essere riuscito a dare una svolta all’insieme delle stesse adeguandomi alla nuova realtà in cui vivo e operando maggiormente con l’estero in particolare con  Francia, Svizzera e Belgio.

Quando ha avvertito l’esigenza di iniziare a scrivere e quale valore ha per lei la scrittura?

Scrivere è sempre stata una passione per il sottoscritto fin da quando ero ragazzo. Il mio professore di Italiano ai tempi del liceo mi disse che un giorno avrei scritto dei libri. E così è stato, anche se la mia prima opera “Lettera a mia figlia” è stata pubblicata quando avevo già abbondantemente passato gli “anta”. Penso di aver trovato in quel periodo la maturità sufficiente per compiere quel passo perché ancora oggi sono convinto che scrivere richieda una certa esperienza di vita. Per quanto riguarda il valore che do alla scrittura, la cosa si può riassumere in quanto segue: quando riesco senza fatica a lasciare scorrere le parole su un foglio di carta significa che in quel preciso momento ho qualcosa da dire al mondo e non mi fermo finché non sento che tale missione è effettivamente giunta al termine. In seguito come è giusto che sia, quella mole di parole finirà con l’appartenere a chiunque mi avrà letto che deciderà poi cosa farne, se conservarla o respingerla.

Ci sono stati scrittori di riferimento nella sua formazione?

I compianti Jean-Claude Izzo e Luis Sepulveda. 
Sono sempre stato un amante del “Noir mediterraneo” e secondo me Izzo è stato e rimane davvero insuperabile. Quel suo modo diretto di raccontare, di descrivere le cose senza perdersi in una miriade di dettagli, focalizzando la storia su una successione a volte frenetica di azioni rendono la lettura piacevole e mai banale. 
Sepulveda era uno scrittore più versatile del precedente che aveva il dono di raccontare le cose con un linguaggio semplice, a tratti perfino poetico. Riusciva davvero a renderti partecipe delle sue storie tanto che ti sembrava non più di esserne spettatore ma di esservi autenticamente presente. 

È uno scrittore che si addentra in numerosi generi: dalla commedia, al romanzo, ai racconti, alla scrittura giornalistica, a tematiche attinenti il counseling. Qual è la genesi dei suoi libri e quale di questi diversi aspetti della scrittura sente più vicino?

Da dieci anni a questa parte ho un po’ cambiato i miei settori di interesse. All’inizio ero orientato maggiormente su opere di carattere politico come “Lettera a mia figlia” che parla degli “anni di piombo” e “Un uomo giusto?!” sul tema della corruzione o su raccolte di racconti come “Schegge”. “Percorso di Isolamento Sensoriale” (relativo alla mia attività formativa di crescita personale) è stato il mio primo saggio e mi ha fatto capire che avrei potuto spaziare su altri temi anche al di fuori della sola stesura di racconti. Così ho scritto “Amore Perverso”, sul tema delicato delle perversioni sessuali e “Pazzo Amore / Folamour”, una commedia in italiano e francese sul tema del bullismo. In questi ultimi anni ho incrementato la mia partecipazione con testate giornalistiche on line (“Agoravox”, “Freeskipper” e “Intopic”), raggruppando oltre 600 interventi che ho scritto nel corso dello scorso decennio in un volume intitolato “Parole Roventi”. Dopo un ritorno al romanzo con “Il Professore” (racconto che sembra plasmato sui fatti (anticipandoli) di razzismo che sconvolsero qualche anno fa Macerata) ho pubblicato l’anno scorso un saggio su come vivo la realtà del Sud intitolato “Veglie, vista da un cittadino italosvizzero”. 
Oggi mi sento più orientato verso la saggistica ma rimango ancora aperto a nuove esperienze in altri ambiti come ad esempio il giallo o i romanzi autobiografici.

All’interno della sua produzione c’è un libro a cui si sente particolarmente legato?

Sicuramente il primo, “Lettera a mia figlia” sia perché ha segnato l’inizio della mia produzione letteraria, sia perché contiene molti risvolti riconducenti alla mia vita, dalla città di Padova nei cui pressi ho le mie origini fino alla mentalità settaria con la quale ho fatto davvero fatica a convivere negli anni in cui ci vivevo. Ma forse ciò che mi lega più di tutto a quell’opera è l’Amore che la caratterizza, sentimento che rimane comunque presente fino alla fine, seppur soggiogato da una tragica successione di eventi.

Progetti per il futuro?

Penso di addentrarmi nel genere “giallo” raccontando una storia da ambientare qui nel Salento e poi non escludo di scrivere anche un saggio sul falso mito della “Green Economy” ora tanto di moda.

Yvan Rettore - Pazzo amore - Folamour
Yvan Rettore - Il professore
Yvan Rettore - Lettera a mia figlia
Yvan Rettore - Schegge
Yvan Rettore - Parole Roventi
Yvan Rettore - Un uomo giusto?!
Yvan Rettore - Percorso di isolamento sensoriale
Yvan Rettore - Veglie

Una risposta.

  1. Roberto Di Gleria ha detto:

    Complimenti, sei molto versatile ed abile nella scrittura.
    Il tuo successo è più che meritato.
    Un caro saluto.

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