Ho incontrato Vita Sackville-West grazie al racconto “Un college femminile dall’esterno”, di Virginia Woolf. Accade sempre così: ogni qual volta vedo un film, o leggo una poesia, un romanzo, un racconto che mi piacciono particolarmente, il passo successivo è fiondarmi a curiosare nella biografia del suo autore. Ed in quella di Virginia Woolf ho trovato Vita Sackville-West. La necessità di approfondirne la conoscenza è scaturita – credo – dopo aver letto che Virginia Woolf le dedicò il romanzo “Orlando”, che non ho letto, ma del quale ho visto la trasposizione cinematografica che ha come protagonista Tilda Swinton.
E quindi, ancor prima di dare un’occhiata alla produzione letteraria della Sackville-West, ne ho voluto assaporare la biografia. Le foto dell’epoca ritraggono una donna – se non “bella”, nel senso classico del termine – sicuramente interessante, trasudano personalità ed un certo disincanto. Scopro che era un’aristocratica anticonformista, passionale, irriverente, perennemente innamorata, non particolarmente fedele. Che amava le donne ed ha collezionato numerose relazioni, anche contemporaneamente, ma il legame affettivo più longevo è stato quello col marito Harold, con cui restò fino alla morte, come Virginia Woolf con Leonard, del resto. Tra l’altro il secondogenito della coppia, Nigel, nel 2018 ha pubblicato il libro “Ritratto di un matrimonio” nel quale racconta il matrimonio non convenzionale dei suoi genitori, per certi aspetti eccentrico, ma perfettamente riuscito.
Vita era appassionata di giardinaggio, ma dire “appassionata” è forse riduttivo. Era una vera esperta, tanto da tenere per quindici anni la rubrica “In your garden” sull’Observer e da progettare e curare uno dei giardini più belli d’Inghilterra, quello del Castello di Sissinghurst, acquistato intorno gli anni ’30 del 900 e risalente ai tempi di Enrico VIII. Virginia e Vita si incontrano nel 1922 al circolo culturale di Bloomsbury e, soprattutto da parte di Virginia, non è amore a prima vista, tanto che viene definita da quest’ultima la “saffica dichiarata, coloratissima, tendente al doppio mento, con un’ombra di baffi”. Le due donne erano distanti per età, stile di vita e classe sociale, ma in breve questa diversità fu probabilmente la miccia che accese una irrefrenabile passione che, fra alti e bassi, durò per circa quindici anni. A testimonianza dell’intenso rapporto fra queste due donne intellettualmente molto vivaci, è stato pubblicato nel 2019 “Scrivi sempre a mezzanotte. Lettere d’amore e desiderio”, nel quale è stata raccolta una selezione delle centinaia e centinaia di lettere che le due scrittrici si scambiarono tra il 1922 e il 1941.
Di Vita Sackville-West voglio segnalarvi il romanzo “Ogni passione spenta”, pubblicato nel 1931 e dalla critica considerato la sua opera migliore. A mio giudizio è una lettura piacevole e brillante dallo stile semplice e raffinato. Il libro si interroga ed indaga sul ruolo della donna nella società inglese di fine ‘800 e sulla difficoltà della stessa di assecondare le proprie passioni e ritagliare un proprio spazio. Ma contiene al suo interno anche un messaggio di speranza e consapevolezza: non è mai troppo tardi per prendere in mano la propria vita, per cambiarla e migliorarla.
Il romanzo, diviso in tre parti, inizia con la morte di Henry Lyulp Holland, Primo Conte di Slane. Politico, ex Primo Ministro, Viceré delle Indie, uomo di grande personalità, stimato da amici ed avversari politici. La sua compagna di una vita è Lady Slane, adesso “solo” Deborah, bellissima signora di 88 anni, sottile, aggraziata, raffinata, grande supporto per Lord Slane, perché mai si è sottratta ai doveri pubblici e privati: cerimonie, obblighi societari, beneficenza, la cura dei figli. Dal canto loro i sei figli, pur nutrendo nei suoi confronti un sincero affetto, la considerano un po’ come l’ombra silente di Lord Slane, una creatura delicata priva di volontà e capacità decisionale, per cui iniziano a fare interessate congetture sull’organizzazione della vita della madre nella vedovanza. Deborah dimostra quasi subito, invece, di possedere polso e decisione, comunicando ai figli che le esequie del marito dovranno tenersi in Westminster Abbey, e non nella chiesa parrocchiale di Huddersfield e che si ritirerà presto ad abitare ad Hampstead in una villetta vista ed amata trenta anni prima, assieme alla fedele governante Genoux, dalla buffa parlata anglo-francese. Palesa inoltre il desiderio di ricevere in visita soltanto “coloro che sono più vicini alla fossa che alla culla”, rinunciando di buon grado al contatto con nipoti e pronipoti, troppo pieni di vita per la sua età. I figli sono destabilizzati, ma nello steso tempo sollevati dall’eccentricità di questo progetto, e prendono consapevolezza di non poter esercitare alcuna influenza sulla madre nè di poterne controllare le decisioni. La vedono repentinamente scivolare “verso un mondo governato dal sentimento, e non dal buon senso”. Così diversa, adesso, Lady Slane, che per educazione, ma soprattutto per non creare imbarazzo al marito, si è districata nella sua lunga vita fra rapporti formali e di maniera, accudendo quei sei figli privi di grazia e bontà d’animo, così tremendamente materialisti, che ha amato ma non ammirato, forse solo per Edith e Kay ha provato una lieve simpatia. Seguono poi pagine esilaranti che raccontano il delizioso il colloquio col proprietario della casa, il signor Bucktrout, che adora da subito quella distinta signora.
Deborah ricrea con il suo aiuto, quello del prezioso artigiano Gosheron e dei suoi anziani dipendenti, un ambiente pieno di “cordialità, di affetto, di rispetto”, sotto lo sguardo ammirato della vecchia Genoux, che ha ritrovato tutta la sua antica vivacità. Il rapporto con Bucktrout e Gosheron, così lontano dai protocolli dei cerimoniali seguiti in costanza di matrimonio, è autentico, amicale, stare in loro compagnia la fa sentire a proprio agio. Ad Hampstead, seduta al sole nel grande giardino, si diletta a ripercorrere tutta la sua vita e ad interrogarsi sul significato della parola felicità. Si rivede giovanissima, ingenua e romantica di colpo fidanzata (ed era questo che la famiglia di aspettava da lei!) ad un uomo attraente, impegnato e pragmatico a cui dedica la propria vita e la propria volontà, sacrificando l’unico progetto che mai avesse avuto: dipingere. Osserva dall’esterno l’affaccendarsi di un frenetico gineceo (mamma, sorelle, amiche, sarte, fioraie..) intorno ai suoi preparativi per le nozze. E riflette, consapevole, che, una volta sposati, ad Henry nessuno avrebbe chiesto di rinunciare a qualcosa. Lei, invece, aveva letto il suo futuro nel libro delle preghiere, al capitolo “Funzioni del Matrimonio”: il supporto amorevole allo sposo e la procreazione. Non c’era posto per uno studio di pittura. E così vede dipanarsi la sua vita, ricca di obblighi sociali, coniugali e materni. Ad Hampstead l’estate lascia il posto all’autunno, ed i giorni scorrono deliziosamente uguali, allietati dalla compagnia del signor Bucktrout che si fa vedere, regolarmente, il martedì per una tazza di tè. Un giorno, al rientro da una passeggiata, trova ad attenderla il signor FitzGeorge, collezionista ricchissimo ed avarissimo, che dice di averla conosciuta decenni prima in India e di essersi innamorato di lei all’istante. Di questo incontro Deborah inizialmente non ha memoria, ma poi la nebbia si dipana ed anche il bizzarro signor FitzGeorge entrerà a pieno titolo a far parte della sua vita…
Victoria Mary Sackville-West nasce nella storica residenza di Knole House, nel Kent, il 9 marzo 1892. Figlia unica del barone Lionel Sackville, solitaria e silenziosa, allevata dalle tate, assiste giovanissima al fallimento del matrimonio dei genitori, che si dedicarono ben presto a nuovi legami. Fin dall’adolescenza si appassiona alla scrittura, che praticherà con costanza ed impegno per tutta la vita. A Londra conosce Harold Nicolson, un giovane diplomatico animato da passioni omosessuali, che dimostra da subito grande interesse nei suoi confronti. In questo periodo Vita si innamora di Rosamund Grosvenor ed in contemporanea di Violet Keppel. Quest’ultima, assieme a Virginia Woolf, rappresenterà il legame più importante della sua vita. Ciò nonostante, probabilmente per accondiscendere al desiderio della madre ed anche per entrare in possesso del suo cospicuo patrimonio, il 1° ottobre 1913 vengono celebrate le nozze fra Harold e Vita e l’anno successivo nasce Benedict, il primogenito della coppia, a cui seguirà quattro anni più tardi Nigel. I coniugi acquistano un’abitazione nei dintorni di Knole House e Vita inizia ad occuparsi del giardino e ad approfondire l’interesse per la botanica, oltre a dedicarsi agli antichi amori: la letteratura e la scrittura. Vita ed Harold hanno un’intensa vita sociale e, in relazione alla carriera diplomatica di Harold, viaggiano moltissimo, soprattutto in paesi esotici. Dal 1918 si consolida ulteriormente il suo rapporto con Violet, con la quale più volte fugge all’estero, fino a quando i rispettivi mariti non mettono fine a questo legame. Conosce Virginia Woolf nel 1922 e la loro amicizia si fa più intensa dal 1926, quando, in occasione di un viaggio di Vita in Persia, iniziano una fitta corrispondenza epistolare e, al suo rientro in Inghilterra, cominciano a frequentarsi assiduamente. E’ di due anni più tardi lo straordinario successo di “Orlando”, di Virginia Woolf, opera ispirata e dedicata a Vita Sackville-West. Ma ben presto nel cuore di Vita entra un’altra donna, che farà perdere di intensità il rapporto con Virginia: si tratta di Hilda Matheson, direttrice dei programmi culturali della BBC. Nel frattempo l’inossidabile matrimonio con Harold Nicolson non viene minimamente scalfito da tante passioni: sono entrambi liberi di tradire, ma totalmente sinceri e legatissimi l’uno all’altra ed anzi, nel 1930 acquistano Sissinghurst Castle, che abiteranno fino alla morte. Harold sopravvive, con grande senso di vuoto, per sei anni a Vita, che si spense all’età di settanta anni il 2 giugno 1962.
di Silvia Corsinovi
Una risposta.
Vite di donne colte e cosmopolite. Molto interessante la ricerca presentata