Ho “incontrato” Wislawa Szymborska, la nostra festeggiata di luglio, grazie all’attività di ricerca e studio che caratterizza il Circolo Culturale LaRocca. E’ stato amore a prima lettura. Da sempre prediligo la narrativa alla poesia, ma lo stile minimalista e quasi colloquiale della Szymborska mi ha decisamente conquistata. Ne apprezzo l’ironia, che sconfina talvolta nel paradosso, la capacità di stupirsi nell’osservazione del quotidiano, l’eleganza nella ricerca delle parole, la semplicità dei soggetti delle sue liriche, che ci portano a riflettere su problemi etici ed esistenziali, ma anche su tematiche di estrema attualità.
Nel tempo ho avuto modo di leggere molte sue poesie, e condivido pienamente l’opinione che la Szymborska sia stata una delle poetesse più talentuose della seconda metà del Novecento.
Ve ne propongo tre, pescate fra quelle selezionate dal Circolo nel corso degli anni.
Amore a prima vista
Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
È bella una tale certezza
ma l’incertezza è più bella.
Non conoscendosi, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da molto tempo potevano incrociarsi?
Vorrei chiedere loro
se non ricordano –
una volta un faccia a faccia
in qualche porta girevole?
uno « scusi » nella ressa?
un « ha sbagliato numero » nella cornetta?
– ma conosco la risposta.
No, non ricordano.
Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio tempo
il caso giocava con loro.
Non ancora pronto del tutto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
tagliava loro la strada
e soffocando una risata
con un salto si scansava.
Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o lo scorso martedì
una fogliolina volò via
da una spalla a un’altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, forse già la palla
tra i cespugli dell’infanzia?
Vi furono maniglie e campanelli
su cui anzitempo
un tocco si posava su un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.
Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.
Il gatto in un appartamento vuoto
Morire – questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare un gatto
in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato.
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.
E la sera la lampada non brilla più.
Si sentono passi sulle scale,
ma non sono quelli.
Anche la mano che mette il pesce nel piattino
non è quella di prima.
Qualcosa qui non comincia
alla solita ora.
Qualcosa qui non accade
come dovrebbe.
Qui c’era qualcuno, c’era
poi d’un tratto è scomparso
e si ostina a non esserci.
In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani si è corso.
Sotto il tappeto si è controllato.
Si è perfino infranto il divieto
di sparpagliare le carte.
Che altro si può fare.
Aspettare e dormire.
Che lui provi solo a tornare,
che si faccia vedere.
Imparerà allora
che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro
come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino,
su zampe molto offese.
E all’inizio niente salti né squittii.
Scrivere un curriculum
Che cos’e’ necessario?
E’ necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si e’ vissuto
e’ bene che il curriculum sia breve.
E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di piu’ chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perche’.
Onorificenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.
E’ la sua forma che conta, non cio’ che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.
Maria Wislawa Anna Szymborska nasce a Kórnik, nella Polonia Occidentale, il 2 luglio 1923. All’età di otto anni si trasferisce con i genitori e la sorella maggiore Nawoja Anna a Cracovia, che da quel momento diviene la città della sua vita. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale continua il percorso scolastico in modo clandestino e si diploma nel 1941. Si iscrive al corso di “Letteratura e sociologia” presso l’Università Jagellonica, senza mai completare gli studi, anche a causa di sopraggiunti problemi economici della famiglia. L’incontro con il poeta Czesław Miłosz la catapulta nella vivace vita culturale di Cracovia, dove sperimenta il proprio talento creativo illustrando libri di testo e componendo le prime poesie. Infatti il 14 marzo 1945 sul settimanale “Walka” viene pubblicata la prima lirica, a cui ne faranno seguito altre quattro, dal titolo “Szukam słowa”, “Cerco la parola”. Si sposa nel 1948 con lo scrittore Adam Wlodek, da cui divorzia nel 1954. Nel 1949 non viene autorizzata la pubblicazione della prima raccolta di poesie poiché non perfettamente aderente ai canoni del realismo socialista. In realtà la Szymborska, come molti intellettuali del suo tempo, aveva aderito al Partito Operaio Unificato Polacco, al quale rimane iscritta fino al 1960, salvo prenderne le distanze successivamente, rinnegando addirittura le due raccolte di poesie pubblicate in quel periodo. Dal 1951 diviene prima collaboratrice e poi direttrice della “sezione poesia” della rivista letteraria Życie Literackie, dove scrive fino al 1981. E’ del 1952 la pubblicazione del suo libro d’esordio dal titolo “Per questo viviamo”, che la iscrive a pieno titolo nell’Unione dei Letterati Polacchi. La sua vita da questo momento si concentra sull’insegnamento, la pubblicazione di raccolte poetiche e saggi, collaborazioni con riviste e periodici e numerosi viaggi all’estero. Nel 1983, a seguito dello scioglimento dell’Unione dei Letterati Polacchi, organizza con il folosofo Kornel Filipowicz – suo compagno – incontri clandestini di scrittori. Negli anni è stata insignita di importanti premi e riconoscimenti, il più prestigioso dei quali è senza dubbio il Nobel per la Letteratura, attribuito nel 1996 con la motivazione “…..Una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d’umana realtà”. La poetessa, temendo che l’eco del Nobel le potesse costare un’attenzione eccessiva, assume, con funzioni di assistente, il giovane Michal Rusinek (divenuto poi professore a contratto presso il Dipartimento di filologia polacca dell’Università di Cracovia), che avrebbe dovuto in qualche modo proteggere la sua privacy e la sua vita schiva e riservata.
Wislawa Szymborska muore nel sonno nel febbraio 2012 nella sua amata Cracovia, dopo un periodo di malattia.
di Silvia Corsinovi
4 risposte
La nostra amica Anna mi ha fatto conoscere, diversi anni fa, questa poetessa. Da allora non l’ho più abbandonata e spesso ricorro a lei per le letture del Circolo Larocca. Grazie a Silvia per questa scelta.
grazie a te per avermi letto!
e grazie ad Anna che ce l’ha fatta apprezzare. Ogni volta che leggeremo una poesia di questa mirabile poetessa ricorderemo la nostra indimenticabile amica
Cara Anna…❤️❤️