Nella ricerca del festeggiato di novembre ho colto il suggerimento di un caro amico che da poco aveva terminato di leggere “Il ciarlatano” di Isaac Bashevis Singer, uno scrittore che non conoscevo, fratello minore di Israel Joshua Singer, autore de “La famiglia Karnowski”, un romanzo che ho amato moltissimo. “Il ciarlatano” apparve a puntate sul giornale yiddish di New York “Forverts” verso la fine degli anni ’60 del 900 e non vide mai la luce in edizione integrale. Nel 2019 la casa editrice Adelphi ha pubblicato il manoscritto conservato nella Singer Estate a Austin in Texas.
Il romanzo, ambientato nella New York degli anni ’40 ci racconta la vita della comunità degli ebrei polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale. Essi lasciavano la loro terra ed arrivavano negli Stati Uniti cercando di sfuggire le atrocità e le persecuzioni naziste, consapevoli che quella non sarebbe mai stata la loro Patria. Tentavano con fatica – pur provando un perenne senso di estraniazione – di ricostruirsi una vita, combattendo ogni giorno con il senso di colpa per essere dei sopravvissuti. Il ciarlatano di cui si parla nel titolo è uno di loro, Hertz Minsker, un personaggio complesso e contraddittorio, descritto come un intellettuale erudito, estremamente seducente, amatissimo dalle donne. Hertz è un uomo sempre in cerca di relazioni amorose, nonostante sia sposato con Bronia ed intrattenga relazioni con altre donne – inclusa Minna – moglie del suo migliore amico Morris Kalisher. Quest’ultimo è il secondo protagonista del libro, un ricco e generoso uomo d’affari che prova una (inspiegabile) sincera ammirazione per Hertz Minsker ed è sempre pronto a correre in suo aiuto quando (spesso) quest’ultimo si ficca in qualche guaio. La narrazione combina umorismo e profondità tragica, mostrando un protagonista in bilico tra il desiderio di rigore e l’incapacità di sfuggire alle sue debolezze. Hertz vive un’esistenza caotica: è un filosofo che non riesce mai a completare i suoi progetti, si muove tra culture e lingue diverse e spesso si trova in situazioni finanziarie precarie. La sua relazione con Minna aggiunge tensione emotiva alla storia, soprattutto quando il tradimento viene scoperto da Morris, portando a drammatiche conseguenze…
Isaac Bashevis Singer, nato come Icek-Hersz Zynger l’11/11/1903 a Leoncin, Polonia, è uno dei grandi autori della letteratura yiddish, lingua tradizionale degli ebrei ashkenaziti. Cresciuto in una famiglia di rabbini chassidici, trascorse parte dell’infanzia a Radzymin e poi nel quartiere ebraico di Varsavia, dove il padre era a capo di un tribunale rabbinico. Questi luoghi, insieme al villaggio di Biłgoraj, influenzarono profondamente la sua opera e furono al centro di molte delle sue narrazioni. Singer iniziò la carriera letteraria in Polonia, collaborando con riviste e traducendo opere di autori come Thomas Mann e Knut Hamsun in yiddish. Il suo primo romanzo, Satana a Goray (1935), ambientato al tempo del falso messia Sabbatai Zevi, anticipa i temi mistici che caratterizzano molte delle sue opere. Nel 1935, per sfuggire all’antisemitismo crescente, emigrò negli Stati Uniti. Stabilitosi a New York, iniziò a scrivere per il Jewish Daily Forward, continuando a pubblicare in yiddish. Molte delle sue opere furono poi tradotte in inglese, processo che spesso supervisionava personalmente, riscrivendo ampie sezioni. Autore prolifico, Singer ha pubblicato 18 romanzi, 14 libri per bambini e numerose raccolte di racconti. Tra i suoi romanzi più noti ci sono La famiglia Moskat (1950), una saga familiare sulla vita ebraica in Polonia, Il mago di Lublino (1960), una parabola sulla redenzione, e Shosha (1978), una storia d’amore ambientata nella Varsavia degli anni ’30. Singer eccelle nei racconti brevi, come quelli contenuti in Gimpel l’idiota (1957) e Una corona di piume (1973), che riflettono la sua maestria nel mescolare realismo, misticismo e elementi soprannaturali. La sua narrazione esplora temi universali come l’identità, il conflitto tra tradizione e modernità, e la fragilità della condizione umana. Nel 1978, ricevette il Premio Nobel per la Letteratura “per la sua veemente arte narrativa che, radicata nella tradizione culturale ebraico-polacca, fa rivivere la condizione umana universale”. Singer morì nel 1991 a Surfside, Florida, lasciando un’eredità letteraria intrisa di spiritualità, ironia e introspezione ed è ricordato come uno degli ultimi grandi narratori in yiddish, capace di trasformare le storie del mondo ebraico in opere universali
di Silvia Corsinovi
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