Avevo sentito parlare di “Shogun” solo a livello cinematografico, pur non avendo visto il film con Richard Chamberlain nelle vesti del protagonista, uscito nel 1980. Poi riordinando la libreria di famiglia mi ritrovo il romanzo omonimo di James Clavell, l’autore del quale si festeggia il compleanno questo mese, portatomi in “dote” da mio marito e sono rimasta incuriosita dal fatto che avesse iniziato di nuovo a leggerlo, nonostante non sia proprio un’opera di poche pagine, anzi nella nostra versione tascabile edita da Bompiani ne conta ben 905 scritte fitte fitte. Non scoraggiatevi però perché la narrazione è scorrevole, interessante e, a tratti, pure divertente ma andiamo con ordine. Intanto diciamo subito che è un romanzo di avventura che l’autore scrisse nel 1975, è un romanzo storico anche se presenta delle incongruenze ed inesattezze che nulla tolgono però alla narrazione. Riassumere in poche parole un’opera simile non è facile ma cercherò di stimolare in voi la curiosità, se non altro per conoscere un mondo assolutamente lontanissimo dalla nostra cultura, sconosciuto anche al resto del mondo nella stessa epoca in cui è ambientata la narrazione, con usi e tradizioni che per gli Occidentali di oggi e di allora risultano incomprensibili almeno quanto i nostri lo erano per i Giapponesi. Alla fine della lettura ci si rende conto che tutto è relativo: per l’Occidente evoluto erano barbari tutti gli altri popoli; per i Giapponesi evoluti a loro sentire, risultavano altrettanto incivili gli Europei con i quali, loro malgrado, erano costretti a relazionarsi. Ma vediamo la storia.
Siamo agli inizi di Aprile del 1600 quando l’inglese John Blackthorne, comandante della nave mercantile, armata come una nave da guerra, battente bandiera olandese, partito verso l’Oriente per il commercio con Giappone e Cina, si ritrova alla deriva in mezzo al mare a causa di una tempesta. Il capitano e i compagni sopravvissuti fanno naufragio in un villaggio di pescatori nel Giappone feudale, un mondo e una cultura ben distanti dall’Inghilterra elisabettiana dalla quale provengono: una lingua, usanze e concezioni di vita incomprensibili per degli occidentali. Blackthorne, chiamato “Anjin” ovvero “il navigatore”, dai Giapponesi ne rimane talmente affascinato da riuscire ad imparare non solo la lingua ma anche la cultura di un popolo difficile da capire, e ne rimane talmente affascinato da mettere continuamente a confronto la propria misera vita in un’Inghilterra sporca, senza valori con il modo di vivere nipponico ed utilizzando l’astuzia riesce a salvarsi la vita ed a ricevere i favori del daimyo Toranaga. Tra intrighi, giochi di potere, tradimenti tra i due daimyo più potenti, in guerra per diventare Shogun, ovvero il “Generale”, il signore del Giappone, Blackthorne si ritrova a dover aguzzare l’ingegno per poter salvare la pelle a se stesso e ai compagni sopravvissuti. Sarà Toranaga a comprendere fin da subito le potenzialità dell’inglese e a prenderlo sotto la propria protezione e al suo servizio l’Anjin conosce Mariko, una samurai incaricata dal suo protettore di fargli da traduttrice e istitutrice: ne nascerà un amore disperato ma intenso. La trama si svolge tra colpi di scena, momenti divertenti, in modo scorrevole mai noioso, accompagnata dalla curiosità di conoscere e capire una mentalità molto complessa e non sempre comprensibile, soprattutto quando si tratta di entrare nell’essenza dello spirito che guida la vita dei samurai, incentrata sull’obbedienza assoluta al loro signore e padrone, fino al sacrificio estremo. Lo Shogun, ovvero il “generale”, era la carica più elevata nell’esercito nel Giappone feudale, nonostante la presenza di un Imperatore, emblema della discendenza divina ma nella pratica con poteri puramente simbolici. I feudi erano governati dai Daimyo che dovevano assicurare obbedienza e rispetto allo Shogun, l’economia si basava sul lavoro dei contadini che garantivano il sostentamento delle classi dominanti e dell’esercito, mentre il commercio e l’artigianato aveva valenza solo locale, tanto che i porti del Giappone erano vietati al resto del mondo. Solo Nagasaki poteva commerciare con l’Olanda che così poteva usufruire di una sorta di monopolio con l’impero nipponico, argomento centrale del romanzo di Clavell, il quale si ispira alla figura di Tokugawa Ieyasu per il personaggio di Toranaga, che, agli inizi nel 1603, nominato Shogun dall’Imperatore, diede inizio ad una nuova fase storica: la civiltà feudale confluiva nell’epoca Tokugawa che si protrasse per 250 anni. Il personaggio di John Blackthorne invece sarebbe stata ispirato dall’avventuriero William Adams che nel 1600 approdò sulle coste nipponiche a causa di un naufragio. Di nazionalità inglese, era partito due anni prima da Rotterdam al servizio della Compagnia delle Indie Olandesi con altre quattro navi ma solo la sua riuscì a raggiungere il lontano Giappone in modo fortuito. Tra i sopravvissuti al naufragio, Adams fu l’unico a riscuotere la fiducia di Tokugawa Ieyasu, grazie alle sue conoscenze matematiche e all’abilità nel costruire navi, tanto da venir nominato consigliere e “samurai straniero” e fu grazie a lui che i porti giapponesi si aprirono prima agli Olandesi e poi agli Inglesi. Praticamente la storia narrata da James Clavell chissà se Adams avrà conosciuto la sua Mariko?
Vi invito a leggere questo romanzo per immergervi in un mondo affascinante, a tratti crudele e incomprensibile per la nostra mentalità ma decisamente interessante e coinvolgente.
JAMES CLAVELL
Era nato il 10 Ottobre 1921 a Sydney, figlio di un comandante della Royal Navy, a sua volta finiti gli studi, allo scoppio della II Guerra Mondiale, si arruolò nell’esercito inglese come artigliere e venne inviato in Malaysia a combattere contro i Giapponesi, dai quali venne catturato e internato in un campo di prigionia a Giava e poi a Singapore. Dopo tre anni venne liberato ma profondamente segnato e dalla sua esperienza trasse ispirazione per il romanzo “Il re”, ambientato proprio nel lager dove aveva vissuto. Alla fine della guerra, indirizzato verso la carriera militare, dovette cambiare i proprio progetti a causa di un incidente con la moto. Decise di iscriversi all’Università di Birmingham dove conobbe April Stride che divenne sua moglie nel 1949 e dalla quale ebbe una figlia. Influenzato dalla moglie, che aveva intrapreso la carriera di attrice, Clavell si appassionò alla cinematografia, tanto da trasferirsi, nel 1953, negli Stati Uniti per trovare collaborazioni per diventare sceneggiatore. Debuttò come regista nel 1959 con “Cinque vie per l’inferno” e a lui si deve la sceneggiatura del film “La grande fuga” del 1963, anno in cui ottenne anche la cittadinanza americana. Nel 1975 venne pubblicato “Shogun” , terzo dei sei romanzi della saga asiatica scritta tra il 1962 e il 1993. Morì in Svizzera a Vevey, il 7 Settembre 1994.
Una curiosità gossipara le investì nel 1972 quando ebbe una figlia da Caroline Barrett, assistente di Marlon Brando, che non riconobbe ma venne adottata dal celebre attore.
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