“…. bisogna ammettere che in lui c’era qualcosa di grandioso,
una sorta di sensibilità sopraffina per quanto di meglio la vita
avesse da offrirti per il futuro, quasi fosse una di quelle
macchine in grado di registrare un terremoto a diecimila miglia
di distanza. Questa sua capacità non aveva nulla in comune
con quella flaccida impressionabilità classificata come
“temperamento creativo” – la sua era una straordinaria propensione
alla speranza, una romantica reattività come mai prima di allora
avevo riscontrato in nessuno e che, difficilmente, mi riuscirà di ritrovare.”
Non è la prima volta che, grazie ad un film, un romanzo che sosta nella mia libreria da decenni, scavalcato da altri ritenuti più interessanti, finalmente viene letto. E’ il caso de “Il Grande Gatsby“ di Francis Scott Fitzgerald. La visione dell’omonimo film, quarta trasposizione cinematografica del romanzo, diretto dall’australiano Baz Luhrmann ed interpretato magistralmente da Leonardo Di Caprio, è stata la molla che mi ha fatto approcciare alla lettura di questo classico della letteratura americana, manifesto della cosiddetta “Età del Jazz” e dell’“american dream” (o forse del suo declino?), l’opera più famosa del nostro festeggiato di settembre.
Non so dire se mi sia piaciuto più il film o il libro, forse il primo, ma solo perché credo di aver letto un’edizione con una traduzione poco curata…
In entrambi ho apprezzato però la rappresentazione di un’epoca, i famosi “Roaring Twenties”, in tutta la loro vitale superficialità e la straordinaria caratterizzazione dei personaggi. Personalmente, con la sola eccezione del romantico sognatore Gatsby, non ho amato nessuno dei personaggi tratteggiati nel libro, estremamente epicurei, o irritanti, o superficiali, o arroganti, o scialbi e vuoti, come nel caso della voce narrante Nick Carraway.
Cercando notizie sulla vita dell’autore, ho potuto riscontrare numerosi riferimenti autobiografici contenuti nel romanzo che resta, senza dubbio, un libro da consigliare.
Nel 1922 Nick Carraway, mediatore di borsa, si trasferisce a Long Island in un modesto bungalow incastonato tra magnifiche ville, non distante da quella in cui vivono sua cugina Daisy con l’arrogante e infedele marito Tom, famoso giocatore di polo. Ed è proprio a casa dei cugini, durante una cena piuttosto noiosa, che Nick sente parlare per la prima volta da Jordan Baker – un’affascinante golfista professionista – del suo eccentrico vicino di casa, il signor Jay Gatsby. La vita di Gatsby è ammantata da un’aura di mistero, si dice anche che abbia legami con il crimine organizzato, di per certo si sa che è un uomo ricchissimo, che organizza feste favolose e che ha deciso di trasferirsi a Long Island unicamente per stare vicino a Daisy, suo grande ed indimenticato amore. Gatsby è un uomo che crede fortemente nel realizzarsi dei propri sogni e quindi, deciso a riconquistare l’amore di Daisy, complice un thè organizzato a casa di Nick, riesce ad incontrarla. L’incontro riaccende la passione tra i due, ma la tragedia si insinua nelle loro vite quando Myrtle, amante di Tom, rimane uccisa in un incidente causato dall’auto di Gatsby, al volante della quale era però seduta Daisy….
Francis Scott Fitzgerald nacque il 24 settembre 1896 a Saint Paul, Minnesota, in una famiglia di origini irlandesi, ricevendo un’educazione cattolica e conservatrice. Affascinato sin da giovanissimo dagli sfarzi della ricca aristocrazia, desiderò ardentemente di far parte di quel mondo. A causa dell’inadeguatezza del padre nel far quadrare il bilancio familiare, i Fitzgerald vennero sostenuti economicamente dai nonni materni, che provvidero anche alla formazione scolastica del piccolo Francis. Alla Newman School incontrò Padre Fay che comprese il talento nella scrittura e la grande sensibilità del ragazzo, apparentemente narciso e superficiale. A Padre Fay Fitzgerald dedicò il suo primo romanzo “Di qua dal paradiso”. Frequentò successivamente l’Università di Princeton che, nonostante gli insuccessi accademici, costituì una tappa fondamentale nella sua formazione di scrittore, grazie alle numerose letture effettuate, ma soprattutto grazie alle amicizie (fra le tante il critico letterario Edmund Wilson e il poeta John Peale Bishop) intrattenute in quel periodo. Con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, nel 1917 si iscrisse fra i volontari in partenza per l’Europa, ma in realtà la sua esperienza militare si arenò al campo di addestramento di Fort Leavenworth, in Kansas. E’ dell’anno successivo l’incontro con la bellissima ed anticonvenzionale Zelda Sayre, una vera icona di stile, la regina di tutte le feste, viziata e spregiudicata, che Fitzgerald sposò nella Cattedrale di St. Patrick a New York il 3 aprile 1920, dopo la pubblicazione del summenzionato “Di qua dal paradiso”. Il 26 ottobre dell’anno successivo nacque la figlia Frances, detta Scottie. A Long Island la vita della coppia, pervasa da una grande passione, divenne ben presto assai dispendiosa, fatta di feste, grandi ubriacature, viaggi, poche regole. Il loro stile di vita divenne leggendario, anche se portò Fitzgerald al limite della bancarotta e lo costrinse a trasferirsi per un periodo in Europa assieme alla famiglia. Gli anni successivi, attraversati da una grave crisi coniugale, registrarono la pubblicazione di “Belli e dannati”, “Racconti dell’età del jazz”, “Il vegetale, o da Presidente a postino”. La coppia oramai condivideva solo i problemi economici, l’alcoolismo, l’infedeltà, il tutto aggravato dal fatto che a Zelda era stata diagnosticata una forma di schizofrenia che la portò a tre diversi ricoveri in Europa e negli Stati Uniti, prima di venire definitivamente internata nella clinica “Highland” ad Asheville, nella Carolina del Nord. In questo periodo Fitzgerald lavorò incessantemente alla scrittura de “Il grande Gatsby”, che fu pubblicato il 10 aprile 1925, praticamente ignorato dalla critica, se escludiamo Thomas Stearns Eliot, che lo definì: “Il primo passo in avanti della letteratura americana dopo Henry James”. Dopo la morte di Fitzgerald, nel 1943, ne fu stampata una edizione speciale per i militari impegnati nella Seconda Guerra Mondiale, che riscosse invece uno straordinario successo. I problemi economici e quelli di salute, accompagnati dagli scarsi successi editoriali, lo afflissero per diversi anni, fino a quando, nel 1937, si innamorò di Sheilah Graham, una giornalista di gossip di origini inglesi, con la quale sembrò ritrovare la vitalità e l’equilibrio di un tempo. Gli ultimi anni della sua vita lavorò ad Hollywood come sceneggiatore e morì a soli 44 anni per un attacco di cuore il 21 dicembre 1940.
di Silvia Corsinovi
Nessuna risposta.